Parola di Vita in PPS < Misteri Gaudiosi - Meditati da Chiara Lubich
Misteri Gaudiosi - Meditati da Chiara Lubich
NEL PRIMO MISTERO GAUDIOSO CONTEMPLIAMO L'ANNUNCIO DELL'ANGELO GABRILE A MARIA.
L'angelo disse a Maria: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. Allora Maria disse all'angelo: “Come è possibile? Non conosco uomo”. Le rispose l'angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te. Su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio”. Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. (Lc 1,30-38)
Questa è la prima tappa della “via Mariae”. Maria, di fronte a Dio che la sceglie come Madre del Messia, che la rende protagonista nel suo disegno di salvezza, manifesta una fiducia incondizionata e vi si abbandona. Ma con tutta semplicità e colla libertà dell'amore, chiede lumi per capire. Non è una schiava che si sottomette ciecamente, è una figlia che si comporta come tale di fronte a Dio, suo Padre. Una volta però illuminata, vi si impegna con tutto il suo essere.
“Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. «... Sono la serva del Signore...». Per adempiere i suoi disegni, Dio ha bisogno solo di persone che si consegnino a lui con tutta l'umiltà e la disponibilità d'una serva. Maria - vera rappresentante dell'umanità di cui assume il destino - con questo atteggiamento lascia a Dio tutto lo spazio per la sua attività creatrice.
“Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. Queste parole di Maria ti dicono come tu, credente, devi vivere la tua realtà di cristiano. Esse infatti sono sempre state considerate come il culmine di ogni comportamento religioso di fronte a Dio perché, nello stesso tempo, espressione di passiva disponibilità e di attiva prontezza, sono vuoto abissale e totale pienezza. Il destino di Maria è eccelso e grandioso. Ma non è solo la Vergine che Dio chiama a generare Cristo in sé. Seppure in altro modo, ogni cristiano, e quindi anche tu, hai un simile compito. Pure tu devi incarnare Cristo nella tua persona fino a ripetere come san Paolo: «Non sono più io che vivo, è Cristo che vive in me» (Gal 2,20).
E quale il modo di attuare ciò? Accogliendo in te, con la disposizione di Maria, la Parola di Dio; quella che ti viene annunciata durante la Messa festiva o che vieni a conoscere dalla lettura del Vangelo, o anche questa, che mese per mese ti arriva, commentata. Accoglila con totale disponibilità, sapendo che non è parola d'uomo. Essendo Parola di Dio, contiene in sé una presenza di Cristo. Accogli dunque Cristo in te nella sua Parola. E con attivissima prontezza mettila in pratica, momento per momento.
Se così farai, il mondo rivedrà Cristo passare per le vie delle nostre moderne città, Cristo in te, vestito come tutti, che lavora negli uffici, nelle scuole, nei più vari ambienti, in mezzo a tutti.
E, quel che è più, vedrà partire da Lui che vive in te la scintilla della rivoluzione evangelica che trasforma ogni cosa; uomini e società per un mondo più umano, più buono, più unito.
Coraggio! C'è una magnifica avventura divina che ti attende. Non perdere l'occasione.
NEL SECONDO MISTERO GAUDIOSO CONTEMPLIAMO LA VISITA DI MARIA A SUA CUGINA ELISABETTA.
In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore”. (Lc 1,39-45)
Il secondo mistero della vita di Maria è la visita ad Elisabetta. Maria, subito dopo l'Annunciazione - «in quei giorni», dice infatti san Luca
(Cf Lc 1, 39) - si è messa in viaggio per andare da Elisabetta ad aiutarla, giacché anch'essa aspettava un bambino pur nella sua tarda età. Maria vi andò «in fretta», dice il Vangelo, portando Gesù nel suo cuore... E, appena ebbe salutato Elisabetta, il bambino di lei sussultò di gioia nel suo grembo
(Cf. Lc 1,41).
Questo “andare ad amare”, portando Gesù in noi, è fondamentale. Ma poi, dopo aver portato Gesù in noi amando, si deve passare al servizio concreto. Maria aiutò per tre mesi la cugina in tutte le faccende di casa. E così dobbiamo fare anche noi: l'amore non è completo se non è concreto. Maria dunque anche in questo episodio si manifesta come nostro modello, come nostra via. Se perciò vogliamo che lo Spirito Santo inizi a plasmare anche in noi la figura di Maria, dobbiamo innanzitutto ricordare quali sono i nostri prossimi verso i quali abbiamo il debito dell'amore: sono tutti quelli con cui viviamo, quelli che incontriamo durante il giorno...
Andiamo dunque in fretta verso tutti quanti possiamo, amandoli, e porgendo loro quanto abbisognano o desiderano: così facendo saremo anche noi delle “piccole Maria”.
Maria non è andata da Elisabetta per cantare il Magnificat, ma per aiutarla. Così noi, non dobbiamo andare dai prossimi per svelare il tesoro cristiano che portiamo nel cuore, ma per portare con essi dolori e pesi e dividere gioia e responsabilità.
NEL TERZO MISTERO GAUDIOSO CONTEMPLIAMO LA NASCITA DI GESÙ A BETLEMME.
Appena gli angeli si furono allontanati per tornare al cielo, i pastori dicevano fra loro: “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere”. Andarono dunque senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino che giaceva nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro. Tutti quelli che udirono, si stupirono delle cose che i pastori dicevano. Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose meditandole nel suo cuore.
(Lc 2,15-19) Ed ecco, la stella che i Magi avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, e prostratisi lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.
(Mt 2,9-11)
Il terzo mistero della vita di Maria è la nascita di Gesù (
Cf. Lc 2,1-7), che Maria offre al mondo.
Quando si è incominciato a vivere il Vangelo, si è cercato di amare come il Vangelo insegna. Ma quando due o più di noi iniziano a farlo, ecco che l'amore diventa reciproco. Si attuano così quelle parole di Gesù: «Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri» (Gv 13, 34). Che cosa ne viene di conseguenza? Si stabilisce in mezzo a noi la presenza spirituale di Gesù. E questo può avvenire nelle fabbriche, nelle scuole, nelle famiglie ove si creano cellule le vive del Corpo mistico, perché Cristo regna fra due o più, fra marito e moglie, fra superiore e inferiore, fra colleghi di lavoro, fra amici.
Anche noi, se viviamo il Vangelo, che di per sé è comunitario, riusciamo a dare Gesù spiritualmente al mondo, come Maria lo ha dato fisicamente.
NEL QUARTO MISTERO GAUDIOSO CONTEMPLIAMO LA PRESENTAZIONE DI GESÙ BAMBINO AL TEMPIO.
I genitori di Gesù si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l'usanza; ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme senza che i genitori se ne accorgessero. Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel Tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. (Lc 2, 41-47)
Quando Gesù, a circa dodici anni, si ferma fra i dottori nel Tempio (Cf Lc 2, 41-50), i suoi genitori lo perdono.
Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al Tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio: “Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele.
(Lc 2,22-23.25-32)
Continuando a seguire Maria nei suoi misteri, noi la vediamo presentare il Figlio al Tempio (Cf Lc 2,22-35) e incontrare un uomo di nome Simeone. È un momento di gioia perché Simeone esclama: «Ora, lascia Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza» (Lc 2,29-30). Egli conferma con ciò che quel bambino è figlio di Dio. Però è pure un momento di dolore, perché Simeone aggiunge, rivolgendosi a Maria: «E anche a te una spada trafiggerà l'anima» (Lc 2, 35). Da allora senz'altro Maria non ha più potuto dimenticare quelle parole. La sua vita sarà sempre accompagnata dall'ombra del dolore, che certamente le si sarebbe presentato.
Una cosa un po' simile succede anche a noi quando cominciamo a vivere il Vangelo. Dapprima siamo trasportati anche dall'entusiasmo, oltre che dalla convinzione, in questa rivoluzione che il Vangelo propone. Ma a un dato momento il Signore, attraverso un discorso o uno scritto o un colloquio, ci fa capire quale sia la condizione indispensabile perché la scelta di Dio come ideale sia autentica. Ci viene parlato allora del dolore, della croce, di Gesù crocifisso e abbandonato.
Per poter proseguire la nostra strada e per poter continuare a dare Gesù al mondo è necessario che noi diciamo allora un secondo “sì”, il “sì” alla croce, come quello che Maria deve aver pronunciato nel profondo del cuore, ascoltando il vecchio Simeone.
Questa tappa della «via Mariae» di tanto in tanto ritorna poi nella nostra vita, quando, attraverso una circostanza dolorosa, o la voce dello Spirito Santo in noi, o altro, siamo invitati a riscegliere lui, Gesù Abbandonato, nelle sofferenze personali, nella pratica delle virtù, nei fratelli che più gli assomigliano.
Comprendiamo allora che su questa terra non si può vivere una vita di amore, la vita del vero amore, senza conoscere il dolore. Amare per il cristiano significa, infatti, vivere non la propria, ma la volontà di Dio e ciò costa; vivere non se stessi, ma i fratelli e ciò vuol dire rinnegarsi, sacrificarsi, morire, far perire l'«uomo vecchio», lasciar vivere l'«uomo nuovo», anche se l'amore poi è foriero di nuova luce, di pace vera, di gioia piena.
NEL QUINTO MISTERO GAUDIOSO CONTEMPLIAMO LO SMARRIMENTO E IL RITROVAMENTO DI GESÙ NEL TEMPIO.
Si può immaginare quale sia stato d'animo di Maria, dopo averlo cercato e ritrovato: «Figliolo, perché ci hai fatto così? Ecco tuo padre ed io, angosciati, ti cercavamo» (Lc 2,48). In questo nuovo passo della vita di Maria ci sembra di riscontrare un'analogia con un tipico fenomeno che accade a coloro che amano Dio, ad una certa età spirituale. Infatti essi, dopo aver conosciuto e scelto il nuovo ideale di vita, ed aver corrisposto alle molte grazie avute dal Signore, a un certo momento avvertono, con acuta insistenza, un riaffiorare di tentazioni che da tempo ormai non li avevano più tormentati e che, per una grazia speciale, sembravano definitivamente superate.
Sono tentazioni in genere contro la pazienza, contro la carità, contro la castità. Ed esse a volte sono così forti, che offuscano il fascino della luce che ci aveva prima illuminato. L'entusiasmo svanisce e il nostro slancio viene frenato. Allora noi ne soffriamo e rivolgendoci al Signore quasi ci lamentiamo con lui come fece Maria: «Perché ti sei allontanato da me? Ti eri reso così presente alla mia anima da farmi credere che con te avrei potuto vincere il mondo. Ora sono nel buio della tua assenza». E il Signore sembra darci una risposta, un po' come ha fatto con Maria, e dirci: «Non sapevi che tutto quello che ti ho dato è mio e che per sola grazia l'hai ricevuto? Ti sono sopravvenute tali aridità e tali tentazioni perché tu possa comprendere bene questo. Così io potrò fare in te ciò che vuole il Padre mio».
Il fenomeno di cui parlo è quello che i mistici chiamano la «notte dei sensi». Anche per Maria, in certo qual modo, la perdita di Gesù giovanetto costituì una notte dei sensi. Non vedeva più Gesù, non udiva più la sua voce. La sua presenza si era sottratta al suo amore sensibile di madre.
Per Maria, dopo questa prova, vi fu un lungo periodo nel quale ella poté convivere con Gesù (Cf. Lc 2,51-52), e nessuno al mondo potrà mai sapere quanto quella convivenza sia stata profonda e apportatrice di soprannaturali consolazioni.
Parallelamente coloro che, umili, accettano queste a volte lunghe prove e con la grazia di Dio le superano, possono poi avanzare nelle varie esperienze della vita d'unione con Dio in una più profonda e nuova intimità con lui, che prima non avevano mai sperimentato.
Il testo è liberamente tratto da Internet